Capitello votivo è l’espressione tipica della devozione popolare e costituisce una testimonianza storica ed artistica molto importante per le nostre contrade. Esso viene eretto all’incrocio o al lato di strade.
Esso nasce solitamente dalla devozione dei privati ed è motivato per lo più dallo scioglimento di un voto, per l'ottenimento di una grazia o per ringraziare per una grazia ricevuta. Davanti ad esso si accende una candela, ci si sofferma per una preghiera o si radunano gli abitanti della via e della contrada per la recita del rosario nel mese di maggio. Il capitello di S. Caterina nasce nel 1944, durante la guerra, per iniziativa delle donne della contrada Corrubbio, capitanate dalla signora Blandina Marzotto.
Il loro voto per la pace e perché gli uomini ritornino dalla guerra esse intendono affidarlo a Santa Caterina da Siena, nominata nel 1939 patrona d’Italia, assieme a San Francesco D’Assisi, da Papa Pio XII. Nel 1943 la Santa diventerà anche Protettrice delle infermiere. Tutte le donne si attivano quindi a raccogliere fondi con la vendita di uova ed altre iniziative ed acquistano il blocco di pietra per la costruzione del capitello.
L’incarico della scultura viene affidato a Bruno Peotta, figlio di Gelindo. Egli nel 1938 aveva lasciato l’azienda paterna di via Acque e si era trasferito a Montebello avviando colà l’attività in proprio. Nel 1944 però, Montebello, nodo ferroviario e stradale, è soggetto a continui bombardamenti da parte degli alleati. Bruno trova allora rifugio, come sfollato, presso i parenti Brunello a Grancona. Si dedica quindi alla scultura della Santa e degli altri elementi del capitello nella cucina della famiglia Brunello Antenore.
A lavori ultimati, nel 1944, il capitello viene collocato sulla scarpata a lato della strada subito dopo l’incrocio che porta alle famiglie Brunello e Marzotto.
Esso guarda la vallata e diventa nuovo elemento di culto e di preghiera per la contrada e per i viandanti.
La sua permanenza in quel luogo dura però poco. A metà anni ’60 la strada comunale diventa la provinciale Zovencedo-Grancona-Meledo e viene allargata. L’allargamento si può fare, in quel punto, solo a monte e a farne le spese è proprio il capitello di Santa Caterina, che viene smontato e collocato nella contrà di sotto, nel portico della famiglia Salvadore. Lì rimane per quasi 10 anni, finché gli uomini della contrada si accordano di collocarlo su un lembo di terra, di proprietà di Rinaldo Salvadore, che costeggia la stradina che porta in contrada Corrubbio.
L’opera di ricomposizione e di ricollocazione a metà anni ‘75 viene affidata ad Ernesto Fridosio, coadiuvato da Rinaldo Salvadore e da Romildo Cervellin. Saggiamente viene previsto anche l’impianto di illuminazione e così, agli inizi degli anni 2000, grazie all’opera di Stefano Brunello ed Alessio Fridosio, avviene anche il collegamento al lampione comunale ed il capitello può godere di luce perpetua, comandata da fotocellula.
È così che il monumento torna a vita ed il 29 aprile, giorno di Santa Caterina da Siena, la contrada torna a ritrovarsi davanti al suo capitello per una preghiera e per la Santa Messa. Nei primi tempi il momento religioso si concludeva con una bicchierata, ma via via il ritrovo si è arricchito con i dolci preparati dalle donne della contrada, tra i quali primeggiano le “fritole alla smarasina” di Idelma.
testo a cura di: Lino Casalin